La Carbonara di Arcangelo Dandini
E’ stato scritto tutto sulla “Carbonara” secondo Arcangelo Dandini, pasta “chiodata” (cottura molto al dente, per far risaltare il sapore del grano e assenza di pepe incluse) ma, non per questo, Cookartmagazine, che non si prefigge mai esclusive ritenendo che la sola “esclusiva” possibile sia quella della personalità individuale di ciascuno, poteva rinunciare!
Gentile come sempre Arcangelo ce ne ha inviato versione.
Io vivo il cibo come antropologia, strumento gustoso di conoscenza, che attraverso il palato mette in moto testa anima fantasia…
Della cucina romana, frequentata per decenni, avevo cara la memoria di certe trattorie dove si andava da studenti, necessariamente popolari, quelle che si erano perse nel bailamme piatto del “Menu turistico” .
Della trattoria “buona” di Arcangelo, che me le ricorda soavemente, mi piace l’alto tasso di autentica romanità, che va ben oltre il sapiente menu.
Romanità dei “colli” che sono il suo luogo d’origine, nelle verdure selvatiche dal piacevole sentore d’amaro, nei “caci”, nella dolcezza della memoria della sua infanzia fatta di merende a pane e zucchero (i buondì, le merendine i gentilini ne sono, forse, una versione modernista creativa…)
Romanità di “Urbe” nel trionfo del quinto quarto (diffido di chi non lo mangia, quasi quanto diffido degli astemi) in certi chiaroscuri caravaggeschi che connotano alcuni suoi piatti di carni, nella cultura, culinaria e non, portata con il “non cale” di chi ha visto passare imperatori e papi re, palazzinari e politicanti d’ogni specie e razza, bovina e burina…
Romanità colta nel disincanto sentimentale delle sue battute, dei suoi amorevolmente feroci sfottò con gli amici.
Romanità “calda” estroversa e surreale nei dialoghi omonimi con il suo Sous Chef indiano, Ghosh Maesh, in arte Zago…vera star del web a cui mando un saluto cordiale nell’attesa (ar dente) di conoscerlo..! (Raffaella, in “arte” J.Q.)
La Ricetta
- P
er 6 persone: 500 gr di pennoni rigati , 100 gr di pecorino romano,100 gr di guanciale di maiale stagionato,6 rossi d’uovo, sale qb.
In una padella a fuoco medio far tostare il guanciale dopo averlo privato della cotenna ed averlo tagliato a cubetti di 1 cm circa.
Una parte del grasso di risulta metterlo da parte e tenere il guanciale al caldo non appena pronto.
In una ciotola capace mettere le uova e la meta’ del pecorino e con pochissima acqua di cottura fare una crema densa e consistente, aggiungere il grasso e mescolare bene.
Appena la pasta sara’ cotta metterla nella ciotola con le uova e mescolare bene, aggiungere il guanciale e mescolare, agiungere una parte di pecorino e servire a tavola con il restante formaggio.
Ps ho omesso volontariamente il pepe per ragioni storiche che a mio avviso non si possono trattare attraverso una ricetta.
Trovo filologicamente, per quanto ad un etneo sia concesso di giudicare la cucina laziale, corretta questa lettura ed esecuzione della “alla carbonara” di Arcangelo, grande amore dichiarato di J. Q. Si potrebbe chiamare pure Carbonara a levare, perché giustamente ridotta ai minimi termini come una pasta “transumante” deve essere. Ne sento il profumo, di ingredienti non cotti, né legati, ma solo assemblati: tuorlo che resta tuorlo, formaggio formaggio, pasta pasta. E il guanciale nuovamente grasso sciolto dal calore e non pseudo ragù. A modo mio scoprì il segreto della carbonara a Casale Floresta, parlando di suino nero dei Nebrodi con dei locali che mi aprirono gli occhi dicendomi: lei che viene da Catania non può capire che noi in montagna il maiale lo allevavamo per il grasso; la carne finiva in una settimana, ma il grasso, la saimi (sugna) e lardo, ci serviva in cucina per tutto l’inverno. Era il loro condimento passe par tout.