Pesce povero e anarchia
Gli effetti della crisi non si vedono al telegiornale…
Ridisegnano modi di vivere e rapporti sociali e nuove opportunità, anche in cucina.
Cose che gli stupidi numeri, che gli artefici veri del disastro sanno maneggiare con abilità inquietante, non possono dire.
Un mio conoscente, artigiano edile, ha deciso di andare a pescare da “dilettante” per sbarcare il lunario. Si ingegna sia al mare che in campagna. E così riesce a campare.
Da allora le mie consuetudini di acquisto di pesce vivo sono cambiate radicalmente. Non vado più dai miei due eccellenti pescivendoli in “piazza”, ma aspetto che il mio nuovo pescatore non professionista mi chiami e mi dica cosa ha pescato.
Le mie possibilità di scelta si sono ridotte drasticamente, è evidente. Non ho più a disposizione un grande banco che espone tutte le varietà che la stagione consente, in base ad un campo di pesca di decina di miglia intorno al porto e in tutti porti che riforniscono giornalmente quel mercato.
Ho a disposizione solo quello che pesca il pescatore per necessità, in base alle scelte di sistema di pesca (piccolo, antico, elementare) che ha deciso di adottare quel giorno, al tempo, a quelle poche miglia che la sua piccola barca gli consente di battere.
Sono tornato a cinquanta e passa anni fa. In un paesino di pescatori che vendevano direttamente casa per casa quel poco o tanto che riuscivano, Dio piacendo, a mettere nel cesto in colorato e scarsamente prevedibile assortimento.
Telefonata, non sempre alla stessa ora -il mare è capriccioso ed il pescatore programma con elasticità-.
“Oggi ti posso portare questo”, dice. Io decido: si, no, ottimo. Dipende.
Di una cosa sono certo. Se la crisi dura, quel centinaio scarso di volte l’anno che mangerò pesce, avrò mangiato qualcosa di diverso.
Alla fine per me l’odioso disastro del sistema più infame di tutti i tempi sta generando un piccolo privilegio. E non escluderei che ciò sia prova ulteriore che una via economica e umana radicalmente diversa è da costruire a tutti i costi. Costi ciò che costi.
Questi pescatori sul filo della stupida legalità di Stato, pescano con arnesi minimi, arnesi da pesca sportivi poveri: piccoli palangari, tramagli poco efficaci, bolentini, eccetera. Arnesi non più usati dalla pesca commerciale che deve assicurare un minimo di taglia e quantità al mercato o persino al pescivendolo di nicchia.
La piccola pesca costiera marginale raccoglie ciò che può.
Una mia compaesana mi ha spesso parlato di una preparazione tipica della mensa povera dei pescatori etnei che io ignoravo. Misteri delle microgastronomie, se si pensa che le nostre case, al paese, distavano si e no quattrocento metri.
Ingrediente principale, la boga.
Si citava, per capirci, quel tempo che un signorotto della zona, mandando a Pozzillo a comprare il pesce, alla “criata” diceva: “in ogni caso se non trovi pesce, compra opi”.
E appunto di “opi ca nipitedda” vi voglio parlare. Della boga,, che non si degnava manco dell’appellativo di pesce, con la nepitella.
Boghe con la mentuccia (nepitella) selvatica.
Per una persona ci vogliono:
– 400, 450 gr di boghe, non più piccole di 150 gr ciascuna.
– Un ciuffetto di tenere cime di nepitella (conosciuta pure come mentuccia romana)
– 1/4 di bicchiere di extravergine di oliva
– 1/3 di bicchiere di acqua o di brodo leggero limpido semplice di pesce.
– Uno spicchio d’aglio buono, schiacciato.
– Mezzo cucchiaino di peperoncino tritato
– Un pizzico di sale.
Squamare le boghe, decaparle e eliminare completamente con un taglio netto tutta la pancia; eliminare pure con un fitettatore affilatissimo le pinne e le loro spinette interne e lasciare solo la coda per ‘bellezza”. Lavarle. In tal modo il pesce cuoce meglio, e conservando solo la lisca principale sarà facilissimo da mangiare senza incappare nelle spine più insidiose.
In un tegame far stufare dolcemente a punto di profumo, l’olio, la nepitella, l’aglio e il peperoncino.
Aggiungere l’acqua, o il brodo, calda e portare a bollore.
Unire il pesce. Salare appena, Coprire. Dopo un minuto girare. Ricoprire.
Ultimare la coltura, per pochissimo tempo. E se necessario far legare leggermente un attimo sul fuoco ancora il fondo.
Si mangia a bagnapane con bocconi di pane eccellete di quattro o cinque giorni.
La boga ed i suoi peggior compari.
In una seconda occasione con dei pesci assortiti più minuti ho fatto un fritto all’agliata, sistemando un poco nella tecnica ciò che ricordavo fare a mio nonno.
Mezzo chilo di pesci da frittura poco costosi, freschissimi.
Ovvero.
Tre boghe medie
Due saraghetti (sarago sparaglione, spareddu)
Una sardina
Una piccola salpa
Una menola
L’assortimento non dipende ovviamente da una ricercatezza gourmant, ma dalla disponibilità, e necessità di mettere insieme una pietanza con quel poco che si ricava dalla piccolissima occasionale pesca semiclandestina, praticata per la necessità anarchica di sopravvivenza, di chi deve sopperire individualmente dove la società organizzata si è dimostrata inadeguata.
Qualche cucchiaiata di semola rimacinata per infarinare
1/2 bicchiere di olio extravergine per friggere e per la salsa
1/3 di bicchiere di aceto rosso forte
Due begli spicchi d’aglio schiacciati
Un pizzico di origano selvatico
Un limone appena raccolto e senza conservanti
Pepe
Sale
Dopo avere preparato il pesce esattamente come nella ricetta precedente, infarinarlo e friggerlo nell’olio ben caldo, levarlo dalla padella travasare l’olio, decantandolo con cura dai residui del fritto, in un’altra padella possibilmente identica; rimetterla sul fuoco vivace con l’aglio, farlo scurire e lontano dalla fiamma, aggiungere l’origano e sfumare l’aceto, pepare, riportare sul fuoco, se occorre, aggiungere una pizzicata di farina per legare appena il necessario.
Salare il pesce, versarvi sopra la salsa, profumare con riccioli di limone, coprire e lasciare intiepidire.
Trattandosi di una antichissima tecnica di conservazione, è ovvio che si può mangiare anche freddo
Cookart aborre le “premesse”..e dunque questa resterà “eccezione”
J.Q.
Mischiare cucina, memorialistica, politica e profumi è fare “cultura” alta.
Elementare.
“Epperò” pochi ci riescono..Antonio si, per dono di nascita e indomita voglia di conoscenza